da leggere…

Amélie Nothomb parte da una situazione presente nei paesi opulenti: il reality televisivo e la partecipazione (emotiva) del pubblico; e lo estremizza.
Immagina, infatti, che questo si svolga in un campo di concentramento, che abbia come protagonisti kapò ed internati, rastrellati nelle strade di Parigi, che non solo siano trattati duramente, ma che vengano uccisi davvero.
L’idea del reality non è originale, lo è invece avere scelto il campo di concentramento, ossia la Memoria più atroce e terribile, che il ‘900 dovrebbe aver lasciato in eredità nella coscienza di ciascuno.

Qui la Nothomb gioca su due elementi:
da un lato sui rapporti nel campo di concentramento tra vittime e carnefici e sui rapporti delle vittime tra loro; dall’altro sui telespettatori, (e l’opinione pubblica), visti attraverso l’audience.

Il mondo dei telespettatori, che diventa la società tout court, ha soltanto un volto, non tante sfaccettature.
Il pubblico -ci fa capire la Nothomb- ha bisogno di identificazione-partecipazione nello spettacolo e, poiché l’identificazione-partecipazione si consuma rapidamente, ha bisogno di stimoli sempre più forti, che lo eccitino, che lo sorprendano fino a coinvolgerlo direttamente. Quindi quanto più lo spettacolo è atroce e diretto tanto più sale l’audience. Il pubblico tuttavia non si riconosce, condanna gli altri (spettatori), si fa innocente.

Quella che ne viene fuori è una rappresentazione ideologica o, se vogliamo, è il sentimento che la Nothomb proietta su una società la cui complessità si riduce a tal punto che la fa diventare completamente omologata, incapace, cioè, di esprimere individualità, rivolta.

Due sono i protagonisti, intorno ai quali scorrono gli altri: la bellissima Pannonique (definita nel campo CK2 114), colei che cerca, sperimentando(si), di conservare intatta la sua purezza, autonomia di giudizio e che, per questo, catalizza in sé amore, ammirazione, consenso, ma anche gelosia, risentimento; e la kapò Zdena, che trova la forza della propria identità nella sua capacità istintiva di picchiare, insultare, imporre, non provare pietà, e, per questo, viene odiata da spettatori e internati, ma che, innamorandosi ossessivamente di Pannonique, cambia e con un colpo di scena…..

Acido solforico è un romanzo che nasce da un’ideologia: l’individuo può essere oggi facilmente manipolato, senza che lo creda e lo pensi; e tuttavia esiste anche una minoranza, che vive criticamente… in molti casi la sua impotenza.
Quanti oggi in Italia rifiutano, infatti, “Il grande fratello” o similari non solo per ideologia, ma perché non vi provano piacere? Una minoranza forse, ma larga.

La matematica può essere definita come la scienza
in cui non sappiamo mai di che cosa stiamo parlando,
né se ciò che diciamo è vero.

Bertrand Russell, Misticismo e logica, 1918

I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi.
Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti.
L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile.
(Albert Einstein)

PERLE AI PORCI

Settembre il giorno della prima campanella. Il professor Perboni prende servizio come docente di Lingua e letteratura inglese all’Istituto tecnico De Bernardi nel corso C. Il più ostico, a detta della vicepreside. Un corso come tutti gli altri, è convinto Perboni, lui che con svariati anni di insegnamento alle spalle, prima da precario, poi di ruolo – conosce bene gli studenti italiani di oggi. Una generazione scoraggiante, irrecuperabile, bovinamente supina. Ragazzi che, in cima alla scala delle proprie aspirazioni, pongono quella di partecipare ad Amici e, al secondo posto, “almeno conoscere qualcuno che abbia partecipato ad Amici”. Adolescenti viziati da genitori disposti a procurare certificati medici fasulli che consentano di uscire dall’aula per andare in bagno ogni dieci minuti, e pronti a denunciare l’insegnante al primo brutto voto (non importa se meritato). Allievi ormai resi incontrollabili da docenti sempre più demotivati, confusi – troppo entusiasti o troppo negligenti e fiaccati da uno stipendio ridicolo e da obblighi burocratici assurdi e contraddittori. Ma Perboni non teme più nulla perché ha messo a punto il suo personale metodo da carogna… Questo romanzo è il diario di un anno di scuola. E, raccontando interrogazioni da purga staliniana, inquietanti consigli docenti e surreali colloqui con i genitori, insinua nel lettore il sacrosanto sospetto che il quadro della scuola dipinto da Perboni rispecchi perfettamente la disperante realtà delle aule italiane.